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Qualcuno era comunista

  • Gianni Spartà
  • 07/07/2023
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Specchietto retrovisore

Qualcuno era comunista perché gliel’avevano detto. Qualcuno era comunista perché non gli avevano detto tutto. Qualcuno era comunista perché il nonno, il papà, lo zio erano comunisti. La mamma no. E qui Giorgio Gaber sul palco col suo celebre monologo auto-liberatorio alza gli occhi al cielo come se lei, la pia donna, considerasse Dio e i santi più affidabili di Stalin. Qualcuno era comunista, infine, perché vedeva Rai 3. Perbacco: e adesso? Adesso come si immagina la sinistra-sinistra del nuovo secolo senza Bianca Berlinguer, Lucia Annunziata, Fabio Fazio, suoi riferimenti mediatici? Nessuna tragedia né per i transfughi né per i loro fans: basterà cambiare canale e sintonizzarsi sull’altrove di Mediaset e collegati. Il “nemico”, all’occorrenza, può fare comodo, sicuramente può dare un tetto ai rifugiati. Che magari ci marciano,. azzarda Dagospia. D’altra parte il ricambio è fatto naturale, quando arriva arriva. Il fine giustifica il compromesso digitale. Con in mano un telecomando, ciascuno può ripescare i suoi paladini, fossero anche sulla Bbc. Ma qui poco interessa che alla Meloni, Bocchino stia più simpatico della Littizzetto e che, senza editti bulgari, la capa   del governo giochi a Risiko col servizio pubblico ridotto da sempre, non da lei, a protesi della politica. Qui interessa, si fa per dire, che la sinistra sarebbe in coma anche se Cartabianca e Che tempo che fa non fossero stati sterilizzati. E interessa che la Festa dell’Unità, non solo a Varese, inauguri la nuova stagione estiva di svago e salamelle  con un rito propiziatorio davanti al fantasma di Enrico Berlinguer, ultimo segretario del partito comunista italiano. Quarant’anni dopo, gli orfani soffrono ancora la perdita di questo leader e prendono atto che nessuna specie arborea e vegetale, dall’Ulivo alla Margherita, sia stata in grado di dare stabilità progressista o laburista a un Paese nel quale l’avversario da battere non erano i conservatori di Fratelli d’Italia e nemmeno l’acrobata Salvini - un piede in tutte le scarpe negli ultimi dieci anni - ma era la necessità di resuscitare in qualche modo  la Democrazia Cristiana. A due persone serie, politici intesi come classe dirigente riconosciuta, era saltata al naso la mosca biancorossa. Lo chiamarono compromesso storico, fu accompagnato da ampia letteratura al riguardo, non vide mai la luce perché le Brigate Rosse si liberarono di uno dei due. E scelsero il più debole. Ora poco meno della metà degli elettori iscritti alle liste dei votanti potenziali ha scelto di provare con la Meloni. La quale si muove con  destrezza facendo finta di non sapere che la Lega, in vista delle elezioni europee, spariglia le carte nel centrodestra pensando alla propria bottega e non rinnegando la radicalità di Orban e della Le Pen. on sembra un caso che col Pd, l’altro partito in cerca d’autore dopo la morte del grande regista, sia Forza Italia. La BB Berlinguer-Berlusconi, non turba i sonni di quanti hanno deciso che disertare le urne sia una soluzione saggia (non lo è in verità), ma spreme le meningi dei nostalgici. Pare che con la politica alla deriva altro di meglio non ci sia che guardarla dallo specchietto retrovisore. A costo di ribaltare proprie convinzioni esistenziali, ma questa è un’altra storia. “A 80 anni ho scoperto che Dio esiste”, ha confessato il laico-ateo Roberto Vecchioni in una recente intervista. Curiosa questa resa dei conti col passato mentre l’economia, la sociologia, la morale non credono che al futuro. Curiosa e psicanalitica nell’infinita vertigine della possibilità di sbocchi consolatori. Ma forse vale ancora l’aforisma di dubbia attribuzione (Missiroli o Longanesi), in ogni caso spesso citato da Enzo Biagi: “Qui da noi può succedere di tutto, ma le rivoluzioni si fanno solo per scherzo. Una cosa seria non è proponibile perché ci conosciamo tutti”.

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