Le stelle rubate
- Gianni Spartà
- 03/08/2020
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Inquinamento luminoso
Quante occasioni, non tutte liete, di pensare a Salvatore Furia in quest’estate di paura e speranza. Sopra le nostre teste, dalle parti dell’Orsa Maggiore, ha vagato una grande cometa, ma a pochi nella pianura padana è stato dato di osservarla. Anche solo di avvistarla. C’è troppa luce artificiale nel buio della notte e le stelle sono scomparse. L’inquinamento luminoso fu l’ultima battaglia dell’uomo del Campo dei Fiori che se n’è andato dieci anni fa, il 12 agosto, quando cadono le lacrime di San Lorenzo. Egli diceva che la terra è sempre accesa, non dorme mai, in qualche caso sembra un Luna park. Ammoniva che lo sproporzionato e dispendioso fulgore nuoce alla natura e alla salute. Poi un’altra riflessione: sempre sulle nostre teste continua a circolare minaccioso il Covid, incurante della tipa dalla lunga chioma che dopo la massima esposizione il 22 luglio, se ne sta tornando negli abissi siderali. Non si addice la pandemia ai “pensieri positivi” che il Prof augurava ai lombardi chiudendo i suoi bollettini meteo alla radio regionale. Ma lui aggiungeva sempre due paroline “nonostante tutto” e allora bisogna credere che prima o poi il drago cattivo perirà sotto il tacco della scienza. Chissà che cosa avrebbe detto di Mister Coronavirus un personaggio ingombrante e scomodo, cocciuto ed empatico, iroso e conciliante, passionale come un catanese, efficiente come un giapponese? In che modo avrebbe spiegato i fallimenti accademici, lui che era autodidatta e fu sdoganato con lode solo dopo aver costruito un osservatorio astronomico affascinando alcuni mecenati? E che reazione avrebbe avuto alla notizia del lago di Varese in via di guarigione, stando alla propaganda? Forse si sarebbe ricordato di quello che predicava: “Un lago è morto solo quando lo si svuota sostituendo l’acqua con la terra”. O forse avrebbe raccontato come fece negli anni ’80 a scuotere il torpore ecologista dei suoi concittadini che si specchiavano nella loro melma (un inviato usò un altro sostantivo). Una notte scese alla Schiranna con un’autobotte, la riempì di alghe putride e le scaricò nella fontana di piazza Monte Grappa rischiando l’arresto, ma guadagnandosi la copertina di Famiglia Cristiana. Furia, se ci pensate, non è mai morto. Quel giorno del 2010 a Varese cadde il suo monumento. Ha amato questa terra con la virtù dei profeti; ha denunciato il fenomeno delle piogge inacidite dalle polveri sottili; ha combattuto una crociata perché la macchia verde del massiccio del Campo dei Fiori diventasse parco regionale al riparo dalle ruspe; ha segnalato in anticipo cicloni e frane, ma invano perché non esisteva neanche l’ombra della Protezione civile di oggi. Già, la scomparsa delle stelle accecate dai fari degli uomini. Non ci facciamo caso: la Via Lattea è un oggetto sconosciuto per 77 italiani su 100. Gareggiamo con la Corea in fatto di atmosfera sporca. Sperpero di energia e di soldi, addio alle i cieli notturni che per millenni hanno ispirato poeti, guidato naviganti. Scrivo dalla Sicilia e stando a una ricerca scientifica da poco pubblicata dovrei attraversare il mare e raggiungere Alicudi, che vedo all’orizzonte con la sua punta aguzza nell’arcipelago delle Eolie, se volessi godermi le ultime apparizioni di Neowise: si chiama così la cometa. Oppure dovrei stare su uno di quei barconi che di notte trasportano disperati verso Lampedusa: a costoro la volta stellata non interessa, aspettano solo il momento di scorgere un lembo di costa e di gridare, se non hanno fatto naufragio prima, se ancora hanno fiato nei polmoni intossicati dal fumo dei motori. Perché lo spreco di luce danneggia il Creato? Perché col buio molte specie di animali migrano, si nutrono, si accoppiano e se c’è troppa luce non fanno nulla di tutto ciò. Perché i fotoni artificiali, soprattutto dopo l’avvento dei led, bruciano l’atmosfera e ci vogliono dieci alberi per compensare l’anidride carbonica mangiata da un solo lampione. Furia ci pensava tanti anni fa. Imputava all’inquinamento luminoso non solo di disturbare gli osservatori di astri, anche di disturbare la meditazione, di impedire all’uomo, nel silenzio della tenebra, la ricerca del soprannaturale. Esplorava l’Infinito e aveva scoperto l’Eterno.