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"Ancora comunista?"

  • Gianni Spartà
  • 23/09/2023
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Addio a Re Giorgio

Che cosa offrire al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano  che sceglie Varese, tra altre città, per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia? Che cosa raccontargli, nella sua visita il 21 marzo 2011, di un capoluogo relativamente giovane, culla della Lega sul declino del Novecento, caposaldo garibaldino nel 1859 quando i Cacciatori delle Alpi sconfissero l’austriaco invasore durante la battaglia di Biumo?  “Quel giorno non sarà diverso dagli altri, in Comune si lavorerà”, aveva alluso l’allora sindaco leghista Attilio Fontana. Poi, ricevendo l’illustre ospite nella sua casa, il municipio, egli si mostrò inappuntabile, fece il proprio dovere e bella figura con la fascia tricolore d’ordinanza di traverso sulla grisaglia. Le istituzioni prima della politica. In morte del primo capo dello Stato che ebbe in sorte di concedere il bis, a furore di Parlamento, esaurito il proprio mandato, la memoria ci propone da Varese la conferma di una capacità tipica della gente di qui: mostrarsi fredda dapprima per poi lasciarsi travolgere dall’entusiasmo. Accadde proprio questo per “Re Giorgio” (titolo di un giornale americano dopo la proroga quirinalesca) dodici anni fa nel primi giorno di primavera. E a proposito di qualcosa di originale da narrare all’uomo del Colle, la storia locale si tolse l’asso nella manica evocando l’atroce vicenda dell’eroe Ernesto Cairoli, cui è intitolato il liceo classico della città. Egli morì a 27 anni per l’Unità d’Italia al pari di tre dei suoi sette fratelli, Luigi, Enrico, Giovanni. Se la cavò solo Benedetto ferito nella spedizione dei Mille. Una famiglia sterminato per amore della patria. Null’altro, più dell’alto valore simbolico di questo sacrificio, poteva colpire un presidente della Repubblica nella speciale trasferta varesina. Tutti italiani convinti per un giorno. Sventolio di tricolori. Applausi. Commento del quirinalista Andrea Montanari mentre in tv passavano le immagini di Napolitano seduto sulla d’onore nell’aula magna dell’università dell’Insubria: “Accoglienza stupefacente e inaspettata. A Varese anche la Lega ha il volto mite di Bobo Maroni”. Poi a stemperare i toni il divertente siparietto dell’allora consigliere comunale Giuseppe Pitarresi. Con una kefiah al collo si s’avvicinò a Napolitano e gli disse : “Io a Palazzo Estense rappresento il partito comunista”. E il presidente di rimando: “Ancòra?”. Su un taccuino ritrovo le parole chiave do quella visita presidenziale.  “Coesione”: è il concetto che Napolitano ribadì più volte: ciascuno con la sua idea politica ma parte di un tutto compatto. “Italia”: una e indivisibile. Garibaldi è sbarcato in Sicilia ma prima ha combattuto a Biumo. “Parassitario”: è il sistema che secondo Napolitano l’Italia doveva cercare di combattere dandosi una forma federale. Il presidente citò più volte Comuni e Regioni.“Carlo Cattaneo”: padre del federalismo, era direttore della chiamava Tipografia Elvetica che stampava clandestinamente a Capolago nel Canton Ticino vigorosi scritti risorgimentali. Primo esempio di giornalismo d’assalto. “Gottardo”: in una lettera a Cavour, mai spedita, nella quale Cattaneo descriveva la direttrice del Gottardo la cerniera naturale tra Italia ed Europa del Nord. Lo scritto originale venne donato al presidente da Fabio Minazzi, docente dell’università dell’Insubria. “Scatto”: sinonimo di sussulto. Napolitano usò questa parola per celebrare il sussulto di consapevolezza nazionale da lui toccato con mano a Milano, a Torino, anche a Varese. Del presidente emerito resta, a ricordo, una targa nell’aula magna dell’ateneo insubrico. Dallo scorso novembre ce n’è un’altra per Sergio Mattarella, il secondo capo dello stato convinto a non lasciare il Quirinale dopo i sette anni ordinari a causa dell’inconsistenza del quadro politico. Chi non vuole il presidenzialismo si renda conto che l’Italia lo pratica di fatto da quasi vent’anni.

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