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La cultura fuori porta

  • Gianni Spartà
  • 19/04/2023
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Tesori varesini

L’incontro è casuale: che ci fa il professor Enzo La Forgia davanti alla chiesetta di San Cassiano tra i boschi di Velate, serio e assorto alle nove del mattino? Esclusa la sindrome di Stendhal, l’assessore è in ricognizione: pensa a cosa proporre per l’estate a residenti e forestieri valorizzando risorse del territorio. Visite guidate, conferenze, concerti, tutto quanto occorre a smentire che la cultura ha poco da raccontare a Varese e dintorni. Vero: non abbiamo il Duomo di Milano e gli Uffizi, ma siamo circondati da incomparabili tesori naturali e artistici un tempo sbandierati ai quattro venti con potenti azioni di marketing, oggi ombre nel silenzio.  Dentro San Cassiano, edificio in apparenza modesto, troneggia una Madonna lignea del XII secolo salvata dalla distruzione di un convento francescano alle falde del Sacro Monte. Storici malevoli dicono che a ordinarne l’incendio fu niente meno che Carlo Borromeo, il santo. Mah! Da Velate, rifugio artistico di Guttuso, allarghiamo il campo per memorie e suggestioni. Ad Arcumeggia, il paese con le pareti affrescate e ora molto scolorite, l’occhio è attratto da una foto di Marcello Mastroianni che assiste all’inaugurazione di un murale di Aligi Sassu negli anni ’50: ritrae l’arrivo di una corsa ciclistica. Forse fu un omaggio ad Alfredo Binda. A Castiglione Olona sembra di essere in Toscana grazie al  genio di un cardinale, Branda Castiglioni, che pagò Masolino da Panicale, maestro del Masaccio dicono, perché inondasse la Collegiata di figure rinascimentali. Poi c’è Castelseprio con i suoi ruderi del XII secolo in una zona archeologica dichiarata patrimonio dell’Umanità. E poi ancora Arsago Seprio che sfoggia un basilica millenaria accanto a un mistico battistero (Foto). Infine andiamo a Besano, profondo Nord, quasi Svizzera, dove  c’è un minuscolo museo che prima del Covid registrava le seguenti cifre: 44mila visitatori dagli Stati Uniti, 29mila dalla Cina, 12mila dal Giappone. Incredibile. L’edificio ha mura antiche come si conviene a luoghi che racchiudono preziosità. E le preziosità sono le impronte fossili di un balenottero e di un dinosauro che sguazzavano in Valceresio quando le colline di oggi erano gli abissi marini di ieri. Facciamo 242, 8 milioni di anni fa. Sapete chi sono gli scatenati fans del Besanosauro? Bambini dai tre ai dieci anni travolti dalla passione per gli animali estinti. Vai a indagarne il motivo. Perché raccontare queste cose? Perché pare sia venuto il momento di ripensare alle vocazioni di questa fetta del Nordovest, scordandoci il passato, non perdendo di vista il presente, avvistando il futuro. Che è un autobus di passaggio: prima ci si sale, meglio è. Milano si è già procurata un posto di primo piano rivisitando il proprio profilo urbanistico con audaci torracchioni, creando foreste urbane, spingendo l’acceleratore sugli eventi d’arte, trasformando i vecchi opifici in teatri, musei, università, laboratori di scienza classica e tecnologia moderna. Varese, che di Milano è storicamente satellite, deve fare di tutto per restare nell’orbita. Aspettando che idee e risorse cadano dall’alto? No, scuotendo l’albero rigoglioso delle opportunità fornite dalla “polis”. Cioè dalle città e dai loro  abitanti più in vista, gli eredi di quei capitani coraggiosi che fecero l’impresa (economica) e che oggi sono chiamati a farne una di tipo diverso (civica). A Varese la civiltà cristiana ha battuto un bel colpo restaurando il Bernascone e intervenendo con migliorie nel Battistero, il monumento più vecchio della città oltraggiato negli anni ’60 da chi ebbe la felice idea di incollare alle sue mura i mattoni di una banca. Per dire che non fanno disastri sol i contemporanei. Per finire qualche dato da una ricerca della Camera di commercio: le imprese che “maneggiano” cultura e creatività nella nostra provincia sono 3.416  con 18mila occupati e con un giro d’affari annuo di poco superiore al miliardo di euro. Un ventiseiesimo del Pil totale. Non è molto, ma nemmeno niente.

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