La foresta di ghiaccio
- Gianni Spartà
- 14/01/2021
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Il regalo di Donna Sofia
Che spettacolo la foresta di ghiaccio sulla cima del Campo dei Fiori. E’ un po’ spelacchiata da qualche tempo. La corona di abeti rossi e larici giapponesi ha subito l’insulto di venti impetuosi e le prolungate siccità ci hanno messo del loro a indebolirla. Ma coperto dalla neve di questo strano capodanno il cappello della nostra montagna è una delizia per l’occhio e per lo spirito. Guardando in alto, prima di arrivare a Dio, il credente fa anticamera in un paesaggio incantato dal quale spuntano le guglie del Grande Albergo e più su le cupole dell’Osservatorio astronomico. I grandi spazi, una volta senza vegetazione, appartenevano a Donna Sofia. Chi era Donna Sofia? Era l’erede d’una dinastia di industriali farmaceutici , gli Zambeletti, e aveva sposato il figlio di Bonaldo Stringher, deputato, direttore generale e infine governatore della Banca d’Italia. La Signora sera ricavata un rifugio a Velate in una villa stupenda, La Bugnella, in fondo alla via Paradiso che digrada verso Avigno. Viveva appartata col suo carattere forte e schietto, ma alla fine degli anni ’50, avendo saputo che Salvatore Furia meditava di costruire un osservatorio, decise di partecipare all’impresa: donò al “cacciatore di stelle” i suoi terreni in cima al monte. Di suo padre Leopoldo era stata la scelta non proprio ortodossa botanicamente di piantare quel tipo di alberi agl’inizi del Novecento. Raccontiamo: una calda giornata di luglio giunse per vie misteriose da Velate la notizia che Donna Sofia aveva dato ordine al suo autista di portarla al Campo dei Fiori. Sull’auto salirono anche la cognata Carla e l’amministratore Celso Tamburini. Furia e i suoi ragazzi, conosciuti come “schiaparellini” erano ancora acquartierati in una baracca. Con il prof c’era Camilla Zanzi che fu lesta a preparare in splendide tazze un tè da offrire all’ospite, di cui non si conoscevano le intenzioni, ma si immaginavano. Atteso lassù anche l’ingegnere- capo del Comune Mario Bianchi, che era in grave ritardo. Furia accolse Lady Zambeletti-Stringher e cominciò a intrattenerla col suo eloquio fluente di siciliano lombardizzato. Ci fu un momento di forte irritazione quando si materializzò il profilo di un fotografo. Donna Sofia , nemica della pubblicità, lo minacciò agitando il suo bastone da passeggio. E ne fece le spese anche il povero Bianchi, arrivato nel frattempo. Quando egli intervenne a proposito dell’entità dei terreni necessari, la signora gli chiese a che titolo si trovasse lì e lo apostrofò con grinta, quale rappresentante della municipalità, per i danni causati da una ruspa comunale al muro di cinta della sua villa. Al funzionario prese un colpo quando Furia moltiplicò per dieci la richiesta raccomandata da Palazzo Estense: non 2.500 metri quadrati, ma 25.000. Silenzio assordante. Imbarazzo diffuso. Goffamente il questuante aggiunse: “Possono essere anche di meno…”. Donna Sofia tornò a valle senza proferire parola. Furia le aveva mostrato un ritaglio della Prealpina col disegno dell’osservatorio che aveva in mente e lei s’era sciolta in un sorriso. Qualche giorno più tardi il vecchio volpone Salvatore riceve dal notaio Luigi Zanzi una telefonata di questo tenore: “E’ seduto? E allora si tenga forte. La signora vi ha donato centomila metri quadrati”. Si poteva pensare in grande: all’osservatorio, all’orto botanico, a un parco nei cui confini proteggere per sempre la grande bellezza sopra Varese. Era completo il capolavoro di sensibilità sociale attribuibile a tre donne: Adele Pesaro Vita, Sofia Zambeletti, la cognata Carla, moglie del fratello Leopoldo che fu presidente dell’Associazione industriali di Varese negli anni ’80 e abitava sempre a Velate nella villa maggiore della famiglia.