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L’angelo e i demoni

  • Gianni Spartà
  • 28/05/2021
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La guerra delle toghe

Brutta storia avere in agenda la riforma della giustizia in questo momento. E ha ragione il presidente della Repubblica quando dice, commemorando Falcone,  che prima bisogna regolare il minimo alla magistratura: troppe liti, troppi sospetti e  troppe toghe girevoli. Oggi sul trono da pubblico ministero, domani alla Camera o fare in sindaco con l’aggravante del ritorno in tribunale dopo l’esperienza politica. Legittimo sì, ma inopportuno. Un giudice-ragazzino varca la soglia della beatificazione col titolo di martire e la sua categoria si danna all’inferno tra corvi, veleni e cecchini. Che ci fa una presunta rapsodia ungherese infiltrata in un potere sulla cui indipendenza facciamo tutti affidamento? “Picciotti che cosa vi ho fatto”, gridò in faccia ai suoi sicari Livatino prima di essere trucidato nella piana di Agrigento? E i sudditi che cosa le hanno fatto, Vostro onore, per essere condannati alla sfiducia nei confronti di un così alto magistero? La politica non ci lascia tranquilli nemmeno ora che a Palazzo Chigi c’è un governo di unità nazionale alle prese con la più colossale emergenza sanitaria del dopoguerra. Già è difficile capire certe sentenze, già è indigesta, per dirne una, l’estradizione di terroristi da 40 anni pacifici latitanti in Francia, quando lo loro colpe cadranno a breve o sono già cadute  sotto la mannaia delle prescrizioni. Figuriamoci come possono essere visti i dossieraggi maligni all’ombra di luoghi sacri quali vengono percepiti dalla gente, nonostante tutto, procure e tribunali. E’ una provocazione, ma ci sta tutta: bisognerebbe cancellare dagli atti giudiziari, almeno da quelli solenni e ultimativi, la scritta “In nome del popolo italiano”. E sapete perché? Perché il popolo italiano sempre più spesso non si riconosce in questa “nomination” che dovrebbe conferirgli orgoglio. Dobbiamo ricordare quell’avvocato brianzolo che traduceva dal latino “tot capita, tot sententiae” in “tutto capita nelle sentenze”? Non è il caso. Ma possiamo chiederci se è sempre congruo il prezzo pagato a un meccanismo procedurale contorto e parente lontanissimo del garantismo. Su questo medita di lavorare Marta Cartabia, nata e cresciuta alle nostre latitudini. Auguri.

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